L’analisi

Perché il turismo in Calabria non decolla? Scelte strade sbagliate che non hanno tenuto conto dei tesori di una terra antichissima

Nel 2021 su 27 milioni di turisti stranieri giunti in Italia, la Calabria ne ha intercettati solo 112mila, pari allo 0,4% del totale. Eppure il fascino di Pitagora, Magna Grecia, Cassiodoro, Gioacchino da Fiore, Telesio, Campanella... è intatto

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di Massimo Tigani Sava
7 febbraio 2024
12:20
Alcuni dei tesori calabresi: Capo Colonna, il Parco archeologico di Locri, quello di Sibari e il castello aragonese di Reggio
Alcuni dei tesori calabresi: Capo Colonna, il Parco archeologico di Locri, quello di Sibari e il castello aragonese di Reggio

Perché la Calabria, nonostante il suo enorme potenziale, non è una regione turistica? È colpa dell’Unione europea? È vittima delle angherie nordiste? Ci sono continue incursioni saracene e ottomane tali da rendere impraticabili le coste? O i boschi dell’entroterra sono ancora infestati da briganti tanto da riportarci alle atmosfere del Settecento e dell’Ottocento quando solo pochi impavidi viaggiatori inglesi, francesi o tedeschi giungevano nell’antico Bruzio in cerca di emozioni forti? Sarebbe utile potersi accodare al meridionalismo strumentalmente piagnone per individuare nemici esterni da additare come responsabili del mancato decollo del turismo in Calabria. Non è così, e la risposta è drammaticamente più semplice e scontata: la Calabria, nei decenni, è stata amministrata male! Senza fare di tutte le erbe un fascio, e volendo pur ammettere che ci sono stati e ci sono esempi di approccio positivo alla gestione della cosa pubblica, proprio sul tema del turismo i numeri Istat che abbiamo pubblicato su LaC News24 non ci offrono purtroppo l’occasione di formulare giudizi incoraggianti.

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Sarebbe già un bel successo se la si smettesse di partorire slogan, annunci, autoesaltazioni e passerelle, optando per una più generosa e razionale valutazione degli enormi ritardi accumulati. Ritardi ancora più gravi perché in Calabria il “petrolio” necessario per far decollare l’economia turistica c’è, ed è disponibile in grandi quantità e varietà: magnifici boschi, centinaia di chilometri di coste e di tratti incantevoli di Tirreno e Jonio, una ricchezza enorme dal punto di vista storico, archeologico, artistico e culturale, tradizioni enogastronomiche uniche e distintive, agroalimentare patria della Dieta Mediterranea, clima stupendo, aria pulita, neve e sole, acque abbondanti, un patrimonio straordinario di biodiversità (dalle erbe spontanee all’ulivo e alle viti). Che spreco! Che pena! Che assurda condizione di insipiente incapacità di valorizzare e trasformare in ricchezza risorse così grandi e a portata di mano.


Tra i dati pubblicati che hanno generato l’approvazione di migliaia di lettori, ma l’odio dei pochi che preferirebbero il silenzio e l’acritica accettazione di costose politiche che non sono risultate fruttuose, uno su tutti è in grado di descrivere la vera e propria sconfitta della Calabria sul fronte turistico: la 18ma posizione, nella graduatoria delle regioni italiane stilata dall’Istat (anno 2021), in relazione alla presenza di turisti provenienti dall’estero, tecnicamente definiti “non residenti”. Veneto in testa, con quasi 6 milioni, e Calabria in coda, assieme a Basilicata e Molise, con appena 112mila, pari allo 0,41% del totale nazionale di 27 milioni. Ragionateci un attimo: nel 2021, primo anno post-Covid, in Italia sono arrivati circa 27 milioni di turisti provenienti dall’estero e la Calabria ne ha intercettati poco più di 110mila. Torniamo ai tempi del Grand Tour, rispetto ai quali hanno scritto anche tanti storici e letterati autoctoni. Quando si viaggiava in carrozza, nel migliore dei casi, o addirittura a piedi o sul dorso di muli, intellettuali imbevuti di cultura classica, giovani aristocratici e artisti entusiasti partivano da Londra o da Parigi o dalla lontana Germania per andare alla ricerca, ad esempio, dei luoghi mitici della Magna Grecia molti dei quali, peraltro, ancora non erano stati individuati e studiati da Paolo Orsi e da tutti i suoi futuri colleghi archeologi. Il fascino di Sibari, Crotone, Capocolonna, Locri, Reggio, Caulonia… era tale da indurre intere generazioni a rischiare l’osso del collo pur di accedere a sensazioni originali e insostituibili.

Eppure, nei lunghi decenni dell’uso di ingenti fondi comunitari, chi ha comandato in Calabria ha scelto altre strade. Chi ha pesato e deciso avrebbe avuto a diposizione un chiaro indirizzo da alimentare, figlio della storia, ma ha pensato ad altro. I risultati mirabili si sono visti. Il mito di Ulisse; Pitagora e le universali intuizioni del Pitagorismo che ancora oggi vengono citate nei lavori scientifici dell’intero pianeta; la Magna Grecia; le figure giganteggianti di Cassiodoro e di Gioacchino da Fiore; la religiosità “silenziosa” di Brunone di Colonia; le testimonianze bizantine; le isole grecaniche, albanesi e occitane; il pensiero “rivoluzionario” di Bernardino Telesio e di Tommaso Campanella… erano questi i giacimenti da spiegare e “vendere” al mondo. Non si è voluto e saputo farlo, pur potendo affiancare questo immenso tesoro archeologico e storico a bellezze naturali di primissimo livello (Sila, Aspromonte, Pollino, Serre, spiagge, colline, fiumare…), a stili di vita che hanno partorito la Dieta Mediterranea “scoperta” da uno scienziato americano che cercava assieme alla moglie gli itinerari  dell’Odissea, al vino da vitigni rari, all’olio extravergine da cultivar salutistiche, ai salumi e ai formaggi genuini, al folklore, all’artigianato artistico, e così via compilando un lunghissimo elenco di tesori che lacrima a fronte dello stato di arretratezza testimoniato dalla forza dei numeri. Nel mio ultimo libro intitolato “Dai Sissizi di Re Italo alla Dieta Mediterranea” ho parlato a lungo di questi argomenti, facendo anche leva sui pregiati studi e ricerche di tanti autori meridionali.

Le classi dirigenti repubblicane della Calabria hanno preferito occuparsi di altro, eppure hanno avuto le stesse corpose remunerazioni e gli identici privilegi dei colleghi che hanno condotto il Veneto, il Trentino Alto Adige, la Lombardia e la Toscana a misurare i turisti stranieri in milioni. Spero che anche i più disattenti politici o burocrati vogliano comprendere come sia più facile far giungere un docente americano e la sua famiglia in visita a Crotone o a Reggio parlando dei favolosi Musei della Magna Grecia che non mostrandogli le immagini di un Capodanno da ripensare. O spingere imprenditori del Canada, della Scandinavia, della Cina, del Giappone, del Sudafrica ad arrivare a Serra San Bruno per meditare sulla civiltà del “silenzio” che i Certosini ci hanno insegnato, piuttosto che immaginare di trastullarli con rumorosi divertimenti di massa che possono essere acquistati, peraltro a prezzi molto più convenienti, in ogni località del mondo anche priva di storia. La Calabria dovrebbe “vendere” armonia pitagorica e non chiasso metropolitano!

Prima di chiudere rileggiamoli i numeri che fanno così tanto male a quanti vorrebbero che i giornalisti pubblicassero soltanto comunicati stampa con titoli inneggianti a successi che nessuno è in grado di misurare. Fonte Istat, arrivi di turisti non residenti nelle diverse regioni italiane nel 2021: Veneto (5,83 milioni), Trentino Alto Adige (4,16 milioni), Lombardia (3,70 milioni), Toscana (2,84 milioni). Milioni! Calabria (112mila), Molise (7mila). C’è da dire altro per indurre a varare immediati cambiamenti di rotta? Se poi si raccogliesse ovunque la spazzatura, evitando di assistere a scene raccapriccianti anche in primari centri urbani, e si facessero funzionare tutti i depuratori e i sistemi fognari per godere di un mare sempre limpido, allora avremmo fatto tombola. Purtroppo la Calabria non può rivendicare, per ora, neanche un modesto ambo!

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