La restanza

Calzolaio per passione e per amore della Calabria: «Inseguivo il posto fisso al Nord, poi ho deciso di rimanere»

Uno stipendio sicuro era il sogno quasi obbligato di Antonio come di tanti ragazzi alla sua età. Poi si è reso conto che non era disposto ad abbandonare la sua terra. Ecco la sua storia

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di Franco Laratta
2 febbraio 2024
18:10

«Ciao, mi chiamo Antonio Codispoti, di mestiere faccio il calzolaio e il mio compito è uno solo, far tornare le tue scarpe come nuove». Inizia così la bella storia di un ragazzo di Ardore Marina, in provincia di Reggio Calabria, che ad un certo punto si chiede: «Ma io perché devo partire? Perché devo lasciare la mia terra». Così svuota la valigia e lancia una sfida a se stesso. Antonio è sempre stato un appassionato di scarpe. Già da ragazzino d’estate andava dal calzolaio del suo paese, perché gli piaceva imparare. Oggi è un po’ il medico delle scarpe, le cura, le ripara, le ristruttura, toglie i difetti, e soprattutto li adegua perfettamente al piedi. Perché se sta bene il piede, sta bene tutto il corpo.

Antonio dopo il diploma professionale ha iniziato a frequentare l’università, facoltà di Giurisprudenza. Poi in seguito alla malattia e alla morte della mamma ha abbandonato gli studi. Pensava di trovare lavoro all’Enel, inseguendo il mito del posto fisso. Ma aveva anche pensato di andare al Nord. Ma ha voluto provare a fare della sua passione un mestiere. Trova la forza e il coraggio necessario e nasce così "Le tue scarpe come nuove", il suo laboratorio ad Ardore Marina, un ritorno al passato per guardare meglio al futuro. In pochi anni si fa conoscere e apprezzare da tutti. «Ho scelto di rimanere qui soprattutto per i legami affettivi che mi sono creato nell’arco degli anni, non mi è mai piaciuta l’idea di andare via partire e ricominciare da zero perciò, come hai detto tu, ho preso forza e coraggio e ho deciso di rimanere qua per creare qualcosa di mio, senza dover abbandonare la mia terra».


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Fare l’artigiano delle scarpe, in un’epoca in cui nessuno ripara una scarpa, ma le butta. Un bel coraggio.
«Diciamo che è stato il lavoro a scegliere me e non viceversa, ho iniziato a conoscere questo lavoro a soli 15 anni, più per scherzo, ma soprattutto per fare qualche soldo. Poi negli anni è diventato sempre più un lavoro, e io ho cercato di riportare le persone a una “vecchia” mentalità, facendo capire che a prescindere dal costo della scarpa, che sia di 10 euro o di 1.000, conviene sempre ripararla piuttosto che buttarla, sia per motivi di comodità, perché una scarpa usata starà sempre più comoda di una scarpa nuova, visto che ha già preso la forma del piede, ma anche per una questione economica perché tantissime riparazioni non costano nemmeno tanto, parliamo di 5/6 euro, perché non tutte le riparazioni hanno costi elevati».

Con Antonio parliamo della fuga dalla Calabria verso il Nord, perché anche Antonio ha pensato di andare via.
«Diciamo che ho avuto momenti in cui ho pensato di aver fatto male a rimanere qua, perché ho passato momenti difficili. Uno è stato terribile: nel 2019 mi è stata bruciata la macchina davanti casa mia, e nonostante le telecamere, le Forze dell’ordine non sono mai riuscite e a rintracciare il colpevole. Subire un atto del genere, senza sapere il perché, mi ha abbattuto e demoralizzato, portandomi a pensare di aver fatto male a essere rimasto qua, a causa di una mentalità così ristretta, chiusa, che però fortunatamente non hanno tutte le persone». 

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Ho immaginato che Antonio potesse dire qualcosa ai ragazzi calabresi che vanno al Nord a lavorare facendo tanti sacrifici. Molto spesso per uno stipendio del tutto insufficiente.
«Onestamente non saprei cosa dirgli, dipende dal motivo per cui sono andati via, se è stata una loro scelta o se sono stati “costretti” ad andare via per le poche opportunità che purtroppo offre la Calabria. Perché se uno si “inventa” o riscopre un lavoro artigianale come me è un conto, ma se una persona ha la vocazione dello scienziato o del ricercatore o comunque ha un profilo un po’ particolare, diciamo che la Calabria è carente di possibilità al riguardo».

I giovani scappano via perché non trovano lavoro, ma le aziende si lamentano perché non trovano lavoratori. 
«Purtroppo le aziende, probabilmente per i costi elevati che lo Stato che impone alle partite iva, sono in difficoltà. Assumere dipendenti non è facile, perché molto spesso le agevolazioni sono “finte”. Ci sono aziende che non possono permettersi di assumere personale in regola, dando loro un giusto stipendio».

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Questa è la dura e triste realtà...
«Che purtroppo anche io ho vissuto da dipendente, prima di decidere di aprire una mia attività. Non è bello non sentirsi valorizzati per quello che si dà: lavorare 9 ore al giorno, tutti i giorni, e non arrivare a prendere nemmeno 1000 euro al mese è veramente molto triste. Così come non avere i diritti che spettano, come la malattia pagata, le ferie pagate, e non potersi permettere nemmeno una giornata di assenza se stai male. Tutto questo non è bello. Da un lato capisco le aziende e credo che se fossero messe nelle condizioni di agire diversamente avremmo certamente più giovani in Calabria con voglia di rimanere qua a far crescere la propria terra, come ho fatto io»

Antonio è felice nel suo laboratorio di Ardore Marina, il lavoro non manca, lui è un bravo artigiano che ripara le scarpe, si è costruito uno spazio tutto suo, evitando come tanti di andare a pietire un posticino di lavoro fuori dalla Calabria. La sua passione lo ha portato nel luglio scorso a Vilnius, la capitale della Lituania, a insegnare il mestiere del calzolaio. «Il mio mestiere è proprio bello. Io lo faccio con passione e amore, e questo la gente lo ha capito e ha fiducia in me». E poi Antonio ha appena realizzato un suo sogno: «Ho creato un mio modello di scarpa, completamente artigianale, elegante. Magari non la comprerà nessuno, ma io ho realizzato il mio sogno!». Vogliamo scommettere che invece le venderà le sue prime scarpe? Perché Antonio non è solo un umile calzolaio, ma alla fine è uscito fuori un ottimo creatore di scarpe, un artigiano raffinato.

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