Corruzione al ministero del Lavoro, chiesti 5 anni per Cavallaro (Cisal) e 4 e mezzo per l’imprenditore Iervolino
La requisitoria della Procura di Napoli sul caso Unipegaso. Il sindacalista calabrese avrebbe ottenuto favori per l’organizzazione in cambio dell’assunzione del figlio di una dirigente e altri benefit. Decisione del gup a ottobre, sul processo pesa l’inutilizzabilità delle intercettazioni
Il giudice per l’udienza preliminare deciderà a ottobre sul caso Unipegaso e sulle richieste di condanna pronunciate nelle scorse ore dal pm di Napoli Henry John Woodcock a carico degli imputati nel processo celebrato con il rito abbreviato. Il magistrato, secondo quanto riportato dal Fatto Quotidiano, ha chiesto 5 anni per il segretario generale della Cisal, il calabrese Francesco Cavallaro; 4 anni e mezzo per il patron della Salernitana Danilo Iervolino; 4 anni per Mario Rosario Miele e l’assoluzione per Francesco Fimmanò, per il quale si ipotizza la derubricazione del reato in traffico di influenze illecite.
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La vicenda ruota attorno alle accuse di corruzione al ministero del Lavoro ed esplose nell’ottobre dello scorso anno, quando LaC News24 rese pubblica la richiesta di rinvio a giudizio a carico degli imputati. I fatti risalgono al 2019 e ruotano attorno al contratto di assunzione in Unipegaso – che all’epoca gravitava nella galassia imprenditoriale di Iervolino – di Antonio Rossi, figlio del segretario generale del ministero del Lavoro Concetta Ferrari, che avrebbe poi lavorato in Unipegaso per circa 3 anni.
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L’assunzione, secondo l’accusa, sarebbe coincisa con il periodo in cui Cavallaro chiese e ottenne il parere favorevole, già negato dal ministero l’anno prima, alla divisione del patronato Encal-Inpal in Encal-Cisal e Inpal conservandone però i vantaggi economici e patrimoniali. Una scissione “parziale” dei due patronati che avrebbe consentito ad entrambi di ricevere sovvenzioni pubbliche, mantenendo i locali e i patrimoni. Benefici che secondo le ipotesi degli inquirenti sarebbero stati “persi” se la scissione fosse stata “totale”.
Nel fascicolo si elencano numerosi favori che sarebbero stati elargiti da Cavallaro, da solo o attraverso i suoi agganci in Unipegaso, per raggiungere lo scopo della scissione parziale asimmetrica del patronato.
Il sindacalista 59enne originario di Dinami avrebbe, sempre secondo l’accusa, chiesto a Iervolino l’assunzione di Rossi e poi avrebbe pagato una vacanza a Tropea a Ferrari e al marito e avrebbe elargito altri regali alla dirigente e ai suoi familiari.
Sul processo pesa l’inutilizzabilità delle intercettazioni di Cavallaro provenienti da un’altra indagine della Dda di Catanzaro, Maestrale Carthago. Attorno a questo punto si è giocata una lunga battaglia legale che si è conclusa con la decisione di non ritenere utilizzabili i dialoghi per mancanza di connessione tra l’inchiesta dell’antimafia calabrese e la sua “costola” avviata dai pm Sergio Ferrigno e Woodcock sui fatti che la Procura di Catanzaro ha ritenuto di competenza dei colleghi di Napoli. La competenza è, infatti, ancorata nel capoluogo campano dal contratto di presunta assunzione fittizia in Unipegaso, che ha sede proprio a Napoli, di Antonio Rossi.