L’intervista

Il procuratore di Lamezia Curcio: «Per combattere la ’Ndrangheta non servono supereroi o superpoteri»

La ricetta del magistrato: «C’è bisogno di una “straordinaria ordinarietà” in cui ciascun cittadino si senta parte attiva nella comunità. Su Lamezia bisogna continuare a lavorare bene e in sinergia con la Dda di Catanzaro. Ma qui si denuncia ancora poco»

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di Alessia Truzzolillo
30 gennaio 2024
15:40
Il procuratore di Lamezia Terme Salvatore Curcio
Il procuratore di Lamezia Terme Salvatore Curcio

Combattere la cultura mafiosa è possibile solo pensandoci come collettività, «sostituendo all’io il noi». Non servono «supereroi o superpoteri». È il messaggio che il procuratore di Lamezia Terme, Salvatore Curcio, dedica ai cittadini di Lamezia, e non solo. Nella lunga intervista che ci concede parla del «territorio delicato» che presidia con un Ufficio che – benché sia riuscito a smaltire l’arretrato – ha lavorato con pesanti scoperture della pianta organica. Si è parlato di problemi ambientali, dell’annosa questione del campo rom di Scordovillo, di depenalizzare i reati più irrilevanti – demandandoli a un sistema sanzionatorio amministrativo che funzioni – del riconoscimento da Legambiente un’indagine sul traffico illecito di rifiuti. Ma, soprattutto, si è parlato di prevenzione, che significa che «ciò che accade intorno a noi, ci riguarda».

Procuratore Curcio, sabato scorso è stato inaugurato il nuovo anno giudiziario, qual è il bilancio del 2023 visto dalla prospettiva del suo Ufficio?
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Un bilancio sicuramente positivo per l’ufficio di Procura che, a completamento di un percorso lavorativo iniziato da qualche anno, ha di fatto smaltito l’arretrato. Altrettanto può dirsi in relazione alla trattazione degli affari penali: così in tema di reati ambientali, di codice rosso, di infortuni sul lavoro, di criminalità economica.
Anche con riferimento ai reati contro la persona, la Corte di Cassazione, con sentenza del 06 luglio 2023, ha definitivamente riconosciuto la responsabilità penale di Marco Gallo e Guerrise Federica in ordine all’omicidio Berlingieri, convalidando il meticoloso lavoro investigativo dell’ufficio e del Commissariato di Polizia di Lamezia Terme. Di tutti i fatti di sangue di questi ultimi sette anni sono stati individuati e portati a giudizio i presunti autori».


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Quali sono le criticità con le quali siete costretti a scontrarvi?
Per un ufficio di piccole dimensioni quale la Procura di Lamezia Terme, le criticità sono quelle, ahimè, oramai fisiologiche e che ciclicamente si ripropongono, rischiando di pregiudicare l’impegno che i magistrati ed il personale amministrativo della Procura profondono quotidianamente. Mi riferisco, innanzi tutto, al sottodimensionamento della pianta organica dei magistrati: fino al 2016, per l’ufficio di procura era previsto un organico di cinque sostituti procuratore, unità successivamente ridotte a quattro. Ciò significa che una sola defezione nell’organico dei magistrati comporta una scopertura pari al 25%, percentuale più alta della media del distretto di Corte d’appello di Catanzaro e della stessa media nazionale, legittimando l’ufficio a richiedere alla Procura Generale della Repubblica il ricorso allo strumento dell’applicazione endo-distrettuale e/o extra-distrettuale. Ciò è accaduto nell’anno 2018 (quando addirittura arrivammo al 50% di scopertura) e sta accadendo nell’attualità. Comprenderà che un territorio delicato, quale il circondario di Lamezia Terme, abbisogna di un’attenzione senza pause, in cui la "continuità" dell’azione investigativa e processuale è assolutamente fondamentale. Ma questo è un valora cardine che vale per tutti gli uffici investigativi: ordinari, distrettuali antimafia e antiterrorismo, di polizia giudiziaria. Perdere aderenza con l’evoluzione degli equilibri criminali, con l’attualità delle conoscenze, non può che incidere negativamente non solo sulla corretta interpretazione e contestualizzazione dei singoli episodi criminali, ma anche sulla stessa incisività delle attività inquirenti».

Impossibile non notare che diversi processi, anche importanti, si trascinano a lungo. 
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Sui ritardi della Giustizia, nello specifico di quella penale, potremmo parlare  a lungo. Diciamo subito che a soffrire maggiormente sono, principalmente, i processi cosiddetti ordinari ovvero quelli che non rientrano nella categoria dei processi a trattazione prioritaria, si pensi, ad esempio, ai processi con imputati cautelati, piuttosto che al cosiddetto “codice rosso”. Le cause possono essere le più svariate, ma principalmente vanno individuate nella cronica mancanza di magistrati, personale e risorse, maggiormente acuita, per i magistrati, dall’implementazione delle ipotesi di incompatibilità del giudice che, in un Tribunale di piccole dimensioni, ha ovviamente un’incidenza maggiore. Se a ciò si aggiunge che la sezione penale del Tribunale di Lamezia Terme si occupa, a tempo pieno, della celebrazione di dibattimenti di mafia particolarmente complessi che assorbono almeno un presidente e due giudici, le ragioni sono facilmente individuabili. Certo, tutto è migliorabile e perfettibile, anche sotto il profilo organizzativo, ma è difficile realizzare una concreta accelerazione della risposta penale, senza pensare ad una reale depenalizzazione, ad un contenimento del fenomeno della proliferazione delle fattispecie penali di questi ultimi trent’anni. Si è legiferato nel convincimento – assolutamente fuorviante – che una buona legge fosse tale soltanto se corredata da una sanzione penale in ipotesi di sua violazione: ciò a completo detrimento del sistema sanzionatorio amministrativo che, allo stato attuale, è praticamente inesistente. Tutto ciò ha comportato una vera e propria "esondazione" della giurisdizione penale che ha praticamente invaso ogni settore della vita umana, alimentando – inevitabilmente – l’antitesi e i contrasti tra i diversi poteri dello Stato, spesso in nome di un’attività di supplenza e/o surrogatoria  che dir si voglia della giurisdizione penale (mai sollecitata) rispetto a settori di competenza di altre amministrazioni.

Ma è realmente credibile un sistema penale che si occupa, ancora oggi, di reati, sia pure contravvenzionali, sanzionati con un massimo della pena pari a 20 euro oppure della realizzazione sul balconcino del classico ripostiglio in alluminio anodizzato? Se così è, ed è così, non può prescindersi da una drastica e oramai improcrastinabile depenalizzazione che limiti l’intervento penale a ciò che veramente è rilevante, falciando centinaia di norme incriminatrici del codice penale e delle leggi speciali penali: che non si traduce sicuramente in un’abdicazione dello Stato a perseguire condotte antisociali, laddove parallelamente si "rianimi" il processo accertativo e sanzionatorio amministrativo, attualizzando la vecchia legge numero 689/1981, restituendo dignità e significato all’illecito amministrativo ed al suo apparato sanzionatorio. Pensiamo, per un attimo, alle violazioni urbanistico-edilizie, a quelle meno gravi e alle problematiche connesse all’esecuzione degli ordini di demolizione disposti dal giudice penale: ma quanto sarebbe più efficace, rispetto alle esigenze di tutela del corretto assetto urbanistico del territorio, un sistema sanzionatorio amministrativo che realizzasse in tempi rapidi l’abbattimento delle opere abusive a fronte di un sistema che, quando arriva attualmente a condanna definitiva (poche volte), non riesce ad assicurare con uniformità l’esecuzione delle demolizioni?».

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Lei ha lavorato per molti anni in Dda a Catanzaro. Cosa le dice oggi il suo fiuto da magistrato antimafia su Lamezia?
«Che bisogna continuare a lavorare ed a lavorare bene come ha fatto la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, concentrando il focus investigativo anche sulle aree di contiguità al crimine organizzato mafioso e sull’individuazione delle ricchezze illecitamente accumulate. Da parte della Procura di Lamezia Terme c’è la massima collaborazione ed in questi sette anni è stata una costante: con la Procura distrettuale di Catanzaro c’è un’interazione pressoché diuturna».

Sappiamo che il lavoro degli inquirenti nasce per reprimere i problemi e fermare reati già in corso. Cosa serve a questa città per prevenire?
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Lamezia è una città caratterizzata da una forte spinta alla condivisione ed alla solidarietà, conseguentemente con la presenza di numerosi associazioni votate al volontariato, non tralasciando tutto quello che fa la Curia e la Caritas. Prevenire significa anche essere vicini al disagio sociale, essere presenti per condividere, per aiutare, occupando porzioni di territorio altrimenti destinate ad appannaggio della criminalità. Significa fare ognuno la nostra piccola parte: tutto ciò che accade intorno a noi, ci riguarda. Ci riguarda come cittadini responsabili, come testimoni credibili (perché coerenti) del nostro impegno, perché, in una società di indifferenti, ciascuno di noi possa segnare la differenza».

Oggi Lamezia conta numerosi pentiti di mafia. Eppure si denuncia ancora poco il malaffare...
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Si denuncia ancora poco per tante ragioni: per paura, sicuramente, almeno in certi contesti; ma si denuncia ancora poco anche per assenza di senso civico, a volte per ignavia, a volte per la dominante contro-cultura dell’"oramai" e della rassegnazione ed assuefazione a determinati contesti criminali».

Il suo ufficio, nel corso di questi anni, ha perseguito numerosi reati ambientali. Siamo una terra dei fuochi anche noi?
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Ritengo di no, non siamo certo la terra dei fuochi. Ma presentiamo delle indubbie criticità che vanno monitorate e risolte. La Procura di Lamezia, sotto questo profilo, ha profuso un grande impegno, specie in collaborazione con la Procura distrettuale di Catanzaro. Proprio un’attività investigativa congiunta, delegata, rispettivamente, al Commissariato di Polizia di Lamezia Terme e alla Squadra Mobile di Catanzaro (una inchiesta sul traffico illecito di rifiuti, di competenza distrettuale, ndr), la cosiddetta operazione Quarta Copia, ha ricevuto un pubblico riconoscimento da Legambiente Onlus, quale migliore operazione di polizia in materia di contrasto ai reati ambientali per l’anno 2019».

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A proposito di ambiente e società. Sul campo rom di Scordovillo c'è stata una recente riunione in Prefettura. Si riuscirà mai a porre rimedio a quel ghetto malsano, pericoloso per la città e soprattutto per chi ci vive? 
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Ritengo di poter essere moderatamente ottimista: si è discusso di soluzioni concrete a breve e medio termine e l’impegno di tutti i soggetti istituzionali fa ritenere altamente probabile il passaggio a soluzioni pratiche concrete nell’immediato».

Procuratore, qual è il suo messaggio per i cittadini onesti di Lamezia? 
«Tutti noi calabresi, non solo a Lamezia Terme, non abbiamo bisogno né di supereroi, né di superpoteri, tanto meno di un deus ex machina che possa risolvere i nostri problemi, primo in testa quello relativo al crimine organizzato mafioso. C’è bisogno, invece, di una "straordinaria ordinarietà", in cui ciascun cittadino responsabile sia parte attiva nella comunità, in cui un diritto sia tale e non venga contrabbandato come "favore", in cui ogni cittadino, quotidianamente, sia testimone del proprio impegno, nel lavoro, nello studio, nelle ordinarie occupazioni, nella vita relazionale, nella coerenza dei comportamenti. Prima di parlare di lotta alle mafie, è necessario combattere e sradicare la cultura mafiosa, la mentalità della prevaricazione, della difesa strenua delle proprie "rendite di posizione" a qualunque costo, della "mediazione amicale" quale soluzione e superamento di ogni difficoltà che ci sbarra il passo, anche quando siamo consapevoli di perseguire un fine indebito, dell’indifferenza, dell’individualismo più sfrenato che caratterizza questo nostro tempo, sostituendo all’"io" il "noi", espressione di appartenenza ad un comune sentire, ad una comunità. Tutto ciò che accade nella nostra comunità è un problema che ci riguarda, che siamo chiamati ad affrontare, ciascuno nel suo piccolo, per carità, ma con la partecipazione attiva al vivere comune, col proprio impegno, con la propria testimonianza civile, fatta di amore per la verità, la giustizia, la libertà. Le mafie e l’illegalità si sono nutrite da sempre – e si nutrono – soprattutto dei nostri silenzi, delle nostre indifferenze, del nostro disimpegno, delle nostre equivocità.
Dobbiamo “immergerci” nelle nostre realtà, metterci in gioco, camminando ed andando incontro al disagio sociale, abbandonando definitivamente quell’atteggiamento inutilmente attendista, quasi a pretendere che sia il disagio a venirci incontro. È tutto ciò che marca la differenza ed alimenta in tutti noi la consapevolezza che vivere rettamente non sia una cosa inutile».

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