Infrastrutture

La “macchina” del Ponte sullo Stretto governata dalle grandi imprese settentrionali. Nessuna ha sede più a sud di Roma

Webuild a Rozzano, Cmc a Ravenna, Gruppo Sorgente nella Capitale. Ecco dov’è il cuore del progetto che userà (anche) i fondi europei per il Meridione. Per la Calabria la vera partita è l’Alta Velocità ferroviaria: 13 miliardi per 200 chilometri

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di Pablo Petrasso
27 dicembre 2023
06:15

Tra i movimenti societari, quello più a Sud lo ha compiuto la Stretto di Messina: aumento di capitale fino a 672 milioni complessivi, campagna acquisti dirigenziale e trasloco della sede annunciato per il prossimo gennaio. Il cuore del progetto del Ponte sarà a Roma, nei pressi della stazione Termini, negli stessi uffici in cui l’azionista Anas aveva collocato la divisione per gli affari internazionali.

Se gli ingranaggi del progetto si muovono a oltre 600 chilometri dal suo cantiere calabrese, il resto della macchina operativa ha sede (molto) più a Nord. Lo guida Webuild – colosso europeo nel settore delle costruzioni che ha incorporato Salini e Impregilo, la capo cordata del consorzio Eurolink che dovrà occuparsi della costruzione dell’infrastruttura – che nel 2021 si è trasferito a Rozzano, nel Centro direzionale Milanofiori. Base a Roma, invece, per il Gruppo Sorgente, che ha rilevato il ramo d’azienda di Condotte Costruzioni, anch’essa parte di Eurolink prima di entrare in crisi nel periodo della pandemia (è stata posta in liquidazione). Nel consorzio c’è anche un’altra grande azienda con sede al Nord: la Cmc, Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna, altro colosso settentrionale nel settore delle costruzioni, storicamente nel novero delle cooperative rosse. Più a Sud di Roma – per fermarci alle imprese italiane – non c’è nulla, almeno fino alla fase dei subappalti (la più preoccupante, lo dicono decenni di inchieste antimafia, per le paventate infiltrazioni della criminalità organizzata).


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Governance del progetto a Nord, la forza lavoro in Calabria e Sicilia 

Certo, c’è la previsione del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini sul numero dei posti di lavoro che la realizzazione del Ponte porterà in Calabria e Sicilia: la prima stima diceva 120mila, poi scesi a 100mila per arrivare a 50mila «mal contati» sulla base di uno studio di OpenEconomics che ne stima oltre 33mila negli otto anni complessivi di cantiere. Al di là del balletto forse inevitabile sulle cifre, resta la percezione complessiva di un’opera la cui realizzazione verrà governata a Nord mentre Calabria e Sicilia faranno da bacino per l’indispensabile forza lavoro. E investiranno una parte del proprio futuro – traduzione: centinaia di milioni di fondi europei – per la realizzazione di un collegamento oggetto di dubbi progettuali e proteste da parte dei movimenti ambientalisti.

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Le proteste per i finanziamenti (1,3 miliardi di euro) presi dal fondo europeo destinato al Mezzogiorno hanno aperto un fronte – poi rientrato, con lo scontro derubricato a «incomprensioni» – tra il ministro leghista e il governatore della Sicilia Renato Schifani. La Calabria e il suo presidente Roberto Occhiuto hanno preferito un profilo basso (sull’utilizzo dei fondi Ue per la realizzazione dell’opera): l’investimento imposto da Roma è molto meno oneroso rispetto a quello chiesto alla sponda siciliana e arriva a valle di concessioni importanti sulle infrastrutture secondarie.

La vera partita si gioca sull’Alta velocità

Peraltro, stando alle cifre in campo, il Ponte sullo Stretto non è la partita più importante che si gioca in Calabria. Numeri e cantieri assegnano la medaglia all’Alta velocità ferroviaria. Anch’essa al centro di qualche polemica per la scelta del percorso. Non più quello che segue la dorsale tirrenica, ma una linea ferrata interna, più simile al tracciato dell’A2. Scelta complicata dalla realizzazione di una serie di gallerie tra Praia a Mare e Tarsia. Nello scorso ottobre, la risposta del sottosegretario ai Trasporti Tullio Ferrante nella risposta a un’interrogazione della deputata del Pd Paola De Micheli ha messo in evidenza le difficoltà progettuali e il possibile aumento dei costi e dei tempi di realizzazione per il lotto 2, cioè il tratto Nord dell’Alta velocità calabrese. Sulla carta restano i propositi di ridurre a 4 ore il tempo di percorrenza Roma-Reggio Calabria e di servire al meglio il porto di Gioia Tauro, snodo strategico per il futuro della regione. In gioco ci sono cifre enormi: per i 207 chilometri totali dell’AV in Calabria, il gruppo Ferrovie dello Stato prevede una spesa di oltre 13 miliardi di euro, più alta di quella prevista per il Ponte sullo Stretto e con investimenti destinati ad avere ricadute solo calabresi. Il tempo dirà se anche questa partita sarà governata dalle grandi imprese del Nord.

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