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Carceri calabresi in emergenza: mancano 400 poliziotti e il numero crescente di detenuti rischia di mandare il sistema in tilt

VIDEO | La carenza d'organico, le aggressioni sempre più frequenti ma anche le soluzioni per “svuotare” i penitenziari al centro della puntata della trasmissione di approfondimento curata da Pier Paolo Cambareri

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di Redazione Attualità
5 marzo 2024
16:35

La situazione è diventata insostenibile. E servono interventi immediati, non più procrastinabili. La carenza di organico del personale della Polizia penitenziaria, ma anche il sovraffollamento, rischiano di mandare definitivamente in tilt il sistema carcerario. A lanciare l’allarme, nel corso della puntata odierna di Dentro la Notizia, il format di LaCNews24 condotto da Pier Paolo Cambareri, sono stati li segretario regionale del Sappe Francesco Ciccone, ospite in studio, e il Garante regionale dei detenuti, l’avvocato Luca Muglia, in collegamento esterno con l’inviata Rossella Galati dalla Cittadella regionale.

I numeri snocciolati nel corso della puntata sono ormai tristemente noti: mancano almeno 400 poliziotti penitenziari per le 12 strutture carcerarie della regione. All'appello mancano 94 agenti a Catanzaro, 70 a Vibo Valentia, 40 a Palmi, 39 a Rossano, 31 a Reggio Calabria Arghillà, 29 a Paola, altrettanti a Castrovillari, 27 a Cosenza, 24 a Reggio San Pietro, 17 a Crotone, 13 a Locri, e 7 a Laureana di Borrello. E il numero sempre crescente di detenuti (italiani, stranieri, di media e alta sicurezza) rischia di generare enormi scompensi gestionali che, poi, portano ai fatti di cronaca puntualmente denunciati dal Sappe: aggressioni agli operatori e anche suicidi. 


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Risale ad appena qualche mese fa la presentazione della relazione annuale stilata dall’ufficio del garante Muglia. Una relazione con diverse ombre e qualche luce su cui porre le basi per ricostruire e riformare il sistema penitenziario italiano. Una delle note dolenti, senza dubbio, la mancanza di mediatori culturali, di psichiatri, di operatori socio sanitari che, affiancando il lavoro degli agenti, riesca a garantire doppi diritti: per la polizia penitenziaria ma anche per gli stessi detenuti che, durante la fase di reclusione, devono essere messi in condizione di riabilitarsi e costruire nuove opportunità in vista del ritorno in libertà. E proprio qui sta il punto: gli sforzi enormi condotti sino a questo momento per formare i detenuti e metterli in condizione di ripensare al proprio futuro con maggiore speranza rischiano di essere vanificati da un sistema ancora pieno di falle.

La chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari ha aggravato la situazione. E le Rems non rappresentano la chiave di volta. Serve un contributo della Regione, delle Asp, delle strutture sanitarie – così come sottolineato dallo stesso Muglia e da Ciccone – per reperire personale idoneo a svolgere un servizio altamente specializzato a favore di soggetti fragili, psichiatrici, che richiesto cure specifiche e professionali.

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Ma non bisogna sottovalutare anche un altro dato: circa il 30 per cento dei detenuti si trova recluso per residui di pena. E potrebbe essere destinato a servizi alternativi contribuendo a ridurre notevolmente la popolazione carceraria con una serie di benefici per tutti. Ecco, “svuotare” i penitenziari, potenziare il personale in servizio, assumere medici e specialisti, assoldare mediatori culturali rappresentano le soluzioni concrete che bisognerebbe perseguire nella consapevolezza che il carcere non è un mondo a sé ma è parte della società in cui insiste. Una costola della realtà che ci circonda e che non può essere relegata a “problema” secondario di cui sempre qualcun altro debba farsi carico.

Puoi rivedere la puntata odierna di Dentro la Notizia su LaC Play

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