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Uomini dello Stato vittime della ’ndrangheta, pagarono con la vita la lotta alla mafia: ecco chi sono

Ecco chi sono i 14 eroi che caddero nello scontro contro la 'ndrangheta in Calabria e fuori dalla nostra regione. Militari e magistrati che hanno pagato con la loro vita l'attaccamento agli ideali Repubblicani e democratici. Stasera nuova puntata di Mammasantissima "Donne e sangue"

Redazione
28 febbraio 202315:32
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Uomini dello Stato vittime della ’ndrangheta, pagarono con la vita la lotta alla mafia: ecco chi sono

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Stava bevendo un caffè nella piazza del paese dove prestava servizio, a Delianuova nel Reggino, quando il fratello di due ‘ndranghetisti che aveva arrestato all’inizio dell’anno lo uccise per vendetta. Così venne assassinato l’1 settembre del 1951 il maresciallo Antonio Sangeniti, nato 41 anni prima a Petrizzi, in provincia di Catanzaro. A ucciderli Angelo Macrì, fratello dei Rocco e Giuseppe, finiti in carcere nei primi mesi del 1951, e di Gianni ucciso nel corso di un conflitto a fuoco con i carabinieri. Macrì sparò contro Sangeniti 4 colpi con una Beretta calibro 9 colpendolo al torace. Alcuni presenti tentarono di soccorrerlo, ma per il graduato dell’Arma non ci fu più niente da fare. Morì poco dopo. Il giorno dell'omicidio Antonio Sangeniti si trovava in licenza.

Francesco Ferlaino

Francesco Ferlaino viene ucciso il 3 luglio 1975, divenendo il primo magistrato ammazzato dalla ’ndrangheta. Aveva sessantuno anni. L’agguato venne compiuto a Nicastro, frazione di Lamezia Terme, quando si trovava in auto a pochi minuti da casa. Ad ucciderlo alcuni sicari a colpi di fucile. Killer che dopo 48 anni sono ancora senza nome. Ferlaino aveva lasciato il tribunale di Catanzaro dove lavora per raggiungere la sua abitazione a bordo della Fiat 124 di servizio guidata dall’appuntato dei carabinieri Felice Caruso. Il magistrato, sceso dall’auto verso le 13:30 e a pochi metri dal palazzo nel quale abitava e nel quale lo stavano aspettando per pranzare i suoi cinque figli, in corso Nicotera, da un’Alfa di colore il killer scarica due colpi di lupara alla schiena del magistrato e lo uccide. 

Vincenzo Caruso e Stefano Condello

Stefano Condello e Vincenzo Caruso sono stati uccisi nel conflitto a fuoco seguito alla scoperta di un summit di mafia in contrada Razzà, a Taurianova, nel Reggino. I due carabinieri sono morti dopo aver sventato un summit dei clan che si stava tenendo in una zona agricola della piana di Gioia Tauro. Era l’1 aprile del 1977: tre militari del Nucleo radiomobile della compagnia di Taurianova, durante il giro di controllo scorgono alcune vetture parcheggiate e si insospettiscono perché una di quelle è intestata a un pregiudicato. Per questo motivo l’appuntato Stefano Condello (47 anni) decide di fermarsi per ispezionare la zona insieme al collega Vincenzo Caruso (27 anni), lasciando Pasquale Giacoppo (24 anni) a controllare l’auto. I due militari capiscono che è in corso un summit di ‘ndrangheta. I due uomini dell’arma vengono raggiunti da una pioggia di fuoco. Condello viene ferito alle spalle mentre Caruso, dopo aver ucciso due aggressori, viene ammazzato. 

Bruno Caccia

Bruno Caccia è il magistrato che fu assassinato a Torino da un commando sotto la sua abitazione. All'epoca era a capo della procura cittadina ed era conosciuto per la determinazione e l'intransigenza con cui svolgeva il proprio lavoro. La Cassazione ha avvalorato le conclusioni degli inquirenti, secondo i quali il delitto portava la firma della criminalità organizzata. Già nel 1992 era stato condannato in via definitiva al carcere a vita un presunto boss, Domenico Belfiore di Gioiosa Jonica, in qualità di mandante. Rocco Schirripa fu arrestato nel 2015. Per lui l'ergastolo è diventato irrevocabile nel 2020. Domenica 26 giugno 1983 Bruno Caccia aveva, come era solito fare, deciso di concedere un giorno di riposo alla propria scorta. Intorno alle 23.30, mentre portava a passeggio il proprio cane era stato affiancato da una macchina (una Fiat 128 di colore verde) con almeno due uomini a bordo. Muore dopo essere stato raggiunto da 14 colpi, alcuni esplosi a distanza ravvicinata. Soltanto un mese prima dell’omicidio aveva revocato la domanda per il posto di Procuratore Generale di Torino. Dopo le dichiarazioni di Schirripa, la procura generale di Torino nel luglio dello scorso anno ha deciso di riaprire le indagini.

Carmine Tripodi

Il brigadiere dei carabinieri Carmine Tripodi è stato ucciso dalla ‘ndrangheta a San Luca nel febbraio del 1985 a soli 25 anni.  Il militare stava rientrando a casa ed era in macchina lungo la provinciale che da San Luca lo avrebbe condotto alla zona marina del paese della Locride. La sua auto fu bloccata da un commando che gli sbarrò la strada e sparò contro. Anche se ferito, riuscì a reagire estraendo la pistola d’ordinanza e ferendo uno dei sicari. In poco tempo vennero individuati ed arrestati i suoi presunti assassini, tutti appartenenti alle locali cosche, ma nei processi che si svolgeranno negli anni seguenti verranno tutti assolti e quel delitto rimane ancora oggi irrisolto. Fortemente impegnato ad arginare l’ondata dei sequestri di persona sui crinali dell’Aspromonte negli anni ’80, riuscì ad assicurare alla giustizia diversi esponenti delle più note famiglie di ndrangheta coinvolte.

Sergio Cosmai

Sergio Cosmai, nato a Bisceglie il 10 gennaio 1949, fu ucciso a Cosenza il 13 marzo 1985. Ammazzato dalla ‘ndrangheta mentre ricopriva il ruolo di direttore del carcere di Cosenza. Nelle prime ore del pomeriggio del 12 marzo 1985, Cosmai lasciò l’auto di servizio nel carcere di via Popilia dove risiedeva con la famiglia e si mise alla guida della sua Fiat Cinquecento gialla sulla statale 19 per andare a prendere la figlia a scuola. Nel tratto di strada che collega Cosenza a Roges di Rende venne raggiunto da undici colpi di calibro 38 sparati da due killer a bordo di una Golf; colpito alla testa, il direttore Cosmai perse il controllo dell’autovettura, uscendo fuori strada. Infine, venne raggiunto da altri colpi di arma da fuoco da uno dei due killer, sceso nel frattempo dall'auto. A nulla valsero i soccorsi e il trasporto in ambulanza. Cosmai morì per le gravi ferite il giorno seguente all'agguato, lasciando la moglie Tiziana, la figlia Rossella e il figlio Sergio, nato un mese dopo la sua morte.

Filippo Salsone

Filippo Salsone era in servizio nella casa circondariale di Reggio Calabria anche era stato inviato temporaneamente in servizio di missione al carcere di Napoli Poggioreale. Di ritorno a Brancaleone per trascorrervi alcuni giorni di congedo ordinario, il 7 febbraio 1986 alle 20,30, in compagnia della moglie e del figlio, stava facendo ritorno a casa con la propria autovettura. In prossimità dell’abitazione l’auto è diventato il bersaglio di una scarica di colpi di arma da fuoco che uccidono Filippo Salsone e feriscono gravemente il figlio. I colpi sono sparati con una lupara e una pistola. Il maresciallo Salsone aveva prestato servizio precedentemente in altri istituti penitenziari della Calabria, tra cui Cosenza, nel periodo in cui la mafia aveva ucciso il direttore Sergio Cosmai. Nel corso delle successive indagini è emerso il chiaro stampo mafioso dell’omicidio. Salsone riconosciuto dal ministero dell’Interno Vittima del dovere, il 12 maggio 2010 il maresciallo della penitenziaria è stato insignito di medaglia d’oro al merito civile alla memoria. A Filippo Salsone è intitolata la casa Circondariale di Palmi.

Rosario Iozia

Il vicebrigadiere Rosario Iozia è stato ucciso a Cittanova nell’aprile 1987. Era giunto alla stazione di San Giorgio Morgeto il 3 giugno 1985 e il 27 agosto successivo, appena venticinquenne, era stato trasferito alla guida della squadriglia di Cittanova. Nonostante la sua giovane età, si distinse da subito per la serietà, l’equilibrio e la correttezza del suo operato. Iozia, intorno alle ore 19 del 10 aprile 1987, mentre percorreva località Petrara del Comune di Cittanova diretto a Polistena, all’uscita di una curva notò alcuni individui che attraversavano un uliveto armati di fucili a canne mozze. Il militare arrestò l’auto e si mise a inseguirli. Questi non esitarono a sparargli contro due colpi di lupara uccidendolo. 

Pietro Ragno

È l’una di sabato notte del 10 luglio 1988, un’Alfetta del Nucleo radiomobile di della compagnia carabinieri di Gioia Tauro stava rientrando verso il comando. Allo svincolo dell’autostrada rallenta per imboccare la curva quando si scatena una tempesta di fuoco. Sparano più di venti colpi contro la gazzella da dietro i cespugli, dove un commando si era appostato. All’interno dell’auto ci sono due carabinieri: Pietro Ragno alla guida, sposato e papà di una bambina di quasi un anno, riesce a sfilare la pistola dalla fondina, ma muore prima di poterla usare. Il capo equipaggio, seduto a fianco, l’appuntato Giuseppe Spera, 32 anni di San Cipriano Picentino provincia di Salerno, anche lui sposato e padre di due figli, viene colpito ad una gamba, alle spalle e, per fortuna, di striscio alla testa. I killer, pare fossero in tre tutti armati di fucile automatico, sparano con fucili caricati a pallettoni contro il parabrezza, il fianco, il dietro della macchina dei carabinieri. 

Antonino Marino

Il brigadiere Antonino Marino aveva 33 anni quando venne ucciso a Bovalino. La sera del 9 settembre 1990 la festa si trasforma in tragedia. Marino, vestito in borghese, e la sua famiglia sono stati sorpresi in un momento di relax. Lui era seduto a godersi un po’ di fresco davanti alle montagne di Bovalino Superiore per la festa della Madonna. Intorno, moglie, figlio, amici e conoscenti per guardare i fuochi d'artificio, il via ufficiale dei festeggiamenti. Poco dopo la mezzanotte di un sabato il killer è piombato all'improvviso e, approfittando della baraonda, ha iniziato a sparare, dileguandosi poi nel buio. Marino fu colpito al torace ed allo stomaco, ferite letali che lo portarono alla morte, nonostante i medici dell’ospedale di Locri operarono per ore cercando di salvargli la vita. Nell’agguato rimasero feriti anche la moglie incinta, Rosetta Vittoria Dama e di striscio il figlio di 1 anno. Quel bambino oggi è un uomo, si chiama Francesco e, sulle orme del padre, è diventato ufficiale nell’Arma dei carabinieri.

Antonino Scopelliti

Il giudice Antonino Scopelliti è stato ucciso in un agguato il 9 agosto del 1991 in località Campo Piale a Campo Calabro, vicino Villa San Giovanni, dove il magistrato tornava ogni anno per trascorrervi le vacanze estive. Scopelliti era nato il 20 gennaio 1935, era sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione. Senza scorta, metodico nei suoi movimenti, Scopelliti ucciso mentre, a bordo della sua automobile rientrava in paese dopo avere trascorso la giornata al mare. Gli assassini, almeno due persone a bordo di una moto, appostati lungo la strada, sparano con fucili calibro 12 caricati a pallettoni. La morte del magistrato, colpito alla testa ed al torace, è istantanea. Secondo i pentiti della 'ndrangheta Giacomo Lauro e Filippo Barreca sarebbe stata la cupola di Cosa Nostra siciliana a chiedere alla 'ndrangheta di uccidere Scopelliti, che avrebbe rappresentato la pubblica accusa in Cassazione nel maxi processo a Cosa nostra. Cosa nostra, in cambio del favore ricevuto, sarebbe intervenuta per fare cessare la guerra di mafia che stava insanguinando Reggio Calabria. Dopo una serie di processi, killer e mandanti del suo omicidio rimangono senza nome. 

Renato Lio

Il 20 agosto 1991 l’appuntato dei carabinieri Renato Lio viene ucciso a Soverato mentre si trova in servizio con un collega. Intorno alle 2.30 la pattuglia del nucleo radiomobile composta dagli appuntati Lio e Francesco Baita ferma per un controllo un’automobile con tre persone a bordo che procedeva ad alta velocità. Mentre Baita controllava via radio i documenti dei tre uomini Lia era intento a perquisire l’automobile. Massimiliano Sestito, che guidata la macchina, spinse il carabiniere e prendendo una pistola nascosta sotto al sedile fece fuoco per tre volte uccidendo Renato Lio dandosi poi alla fuga. Gli altri due occupanti dell’auto, i cugini Grattà, che in quel momento erano in strada, si consegnarono dimostrando di essere estranei ai fatti. Sestito fu arrestato il 4 luglio del 1992 da latitante e successivamente condannato a 30 anni di carcere. 

Salvatore Aversa

Quel quattro gennaio del 1992 il corso di Lamezia Terme era affollato come sempre. La consuetudine del passeggio andava a braccetto con la corsa per i regali dell’Epifania. Anche il sovrintendente di polizia Salvatore Aversa e la moglie Lucia Precenzano avevano appena fatto incetta di doni per i nipotini ed erano stati a trovare una coppia di amici. Stavano rincasando a casa quando vennero uccisi con 15 colpi calibro 9, mentre stavano salendo in auto. I carabinieri giunti sul posto dopo avere ricevuto una telefonata trovarono la Peugeot 205 con la portiera anteriore aperta e all’interno riverso con la testa sul volante il corpo senza vita di Aversa. Dall’altro lato dell’auto, agonizzante sull’asfalto, la moglie che sarebbe morta durante il trasporto in ospedale. Il duplice omicidio dei coniugi Aversa è ancora una ferita aperta per Lamezia. Bisognerà aspettare il 2000 perché due collaboratori di giustizia della Sacra corona unita pugliese, Stefano Speciale e Salvatore Chirico, confessino di essere i killer per conto di Antonio Giorgi, presunto esponente dell’omonimo clan di San Luca, dietro la promessa dell’annullamento di un debito per droga. A tirare le fila di tutti i burattini sarebbe stato il boss Francesco Giampà poi condannato.

Antonino Fava e Vincenzo Garofalo

Il 18 gennaio del 1994, in un'Alfa 75 del Nucleo radiomobile di Palmi, giacevano i corpi senza vita degli appuntati Antonino Fava, 36 anni di Taurianova e padre di tre figli, e Vincenzo Garofalo, 31 anni di Scicli (Ragusa) e due figli, coperti da un lenzuolo bianco steso da una mano pietosa. Attorno all’automezzo, decine di loro colleghi, in divisa e in borghese, magistrati, prefetto, questore e uomini dei servizi, cercavano di dare una prima interpretazione, una traccia di lavoro, dinanzi a quell’agguato eseguito con freddezza, con tecnica terroristica a colpi d'arma da fuoco. Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, poco prima delle 200, erano partiti dal carcere di Palmi per ispezionare la corsia sud dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, fino a Villa San Giovanni, per garantire la sicurezza di un gruppo di magistrati di Messina giunti a Palmi per interrogare il pentito Luigi Sparacio. Fava e Garofalo, non appena si immettono sull’autostrada, si accorgono di essere seguiti da un’autovettura – una Fiat Regata, si scoprirà dopo – e lo comunicano ai loro colleghi in centrale. La Regata procede quasi attaccata all’Alfa 75 dei carabinieri, con gli abbaglianti accesi. Non c’è più il tempo di una seconda segnalazione in centrale: la berlina affianca la vettura del Nucleo radiomobile e si scatena l’inferno. Contro Antonino Fava e Vincenzo Garofalo verranno esplosi decine di colpi di fucile caricato a pallettoni e raffiche di mitra. Con il passare dei mesi, l’attacco contro i carabinieri assume i contorni di un ben più vasto disegno criminale che porterà lontano, fino ai nostri giorni, con le inchieste sulle stragi di Cosa nostra e di ‘Ndrangheta stragista. Un disegno terroristico avvalorato dai giudici di Reggio Calabria, che condanneranno all’ergastolo in primo grado il boss di Cosa nostra Giuseppe Graviano e il capo ‘ndrangheta di Melicucco (Reggio Calabria), Rocco Santo Filippone, quali mandanti del duplice omicidio dei carabinieri Fava e Garofalo, «frutto della visione comune di Cosa nostra e ‘Ndrangheta, che avevano tentato di coinvolgere anche la camorra. Tre efferati attacchi per unico disegno eversivo».

Ecco chi sono i 14 eroi che caddero nello scontro contro la 'ndrangheta in Calabria e fuori dalla nostra regione. Militari e magistrati che hanno pagato con la loro vita l'attaccamento agli ideali Repubblicani e democratici. Stasera nuova puntata di Mammasantissima "Donne e sangue"
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Tragico incidente sull’A1 nel Fiorentino, scontro tra un’auto e un camion: 3 morti e una bimba tra i 2 feriti

A seguito dell'impatto in galleria il tratto autostradale verso Bologna, tra Firenzuola e Badia, è stato chiuso. Segnalate lunghe code. Sul posto intervenuti i vigili del fuoco e la polizia stradale
Redazione Cronaca
15 luglio 2025
Ore 14:00
Tragico incidente sull’A1 nel Fiorentino, scontro tra un’auto e un camion: 3\u00A0morti e una bimba tra i 2\u00A0feriti\n
Giro di vite

Controlli straordinari dei carabinieri nella Piana di Gioia Tauro: 13 denunce

I militari durante il weekend hanno intensificato la loro presenza nei centri urbani e lungo le principali vie di comunicazione dell’intera zona
Redazione Cronaca
15 luglio 2025
Ore 07:57
Controlli straordinari dei carabinieri nella Piana di Gioia Tauro: 13 denunce\n
L’impatto

Incidente a Lamezia Terme, scontro tra due auto a la Marinella: un ferito

Sul posto sono intervenuti i Vigili del fuoco per la messa in sicurezza dell’area e gli agenti della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza per gli adempimenti di competenza
Redazione Cronaca
14 luglio 2025
Ore 20:54
Incidente a Lamezia Terme, scontro tra due auto a la Marinella: un ferito\n
Le inchieste

Maxi operazioni “Arangea Bis” e “Oikos”: la ‘ndrangheta al centro del traffico globale di droga – NOMI

Coordinate dalla Dda di Reggio Calabria, le due inchieste hanno svelato l’estensione logistica e relazionale dei clan: cocaina, hashish e marijuana smistati su scala internazionale, armi da guerra e contatti con Sudamerica, Albania e Marocco
Elisa Barresi
14 luglio 2025
Ore 18:05
Maxi operazioni “Arangea Bis” e “Oikos”: la ‘ndrangheta al centro del traffico globale di droga –\u00A0NOMI\n
In carcere

Usura nel Cosentino, arrestato 50enne: le verifiche avviate dopo la denuncia di un imprenditore

In manette un uomo originario di Terranova da Sibari. Le indagini hanno consentito di monitorare la consegna di una tranche di denaro dalle mani della vittima a quelle del presunto usuraio
Redazione
14 luglio 2025
Ore 15:29
Usura nel Cosentino, arrestato 50enne: le verifiche avviate dopo la denuncia di un imprenditore\n
Altro rogo

Nuovo incendio in un terreno confiscato alla ‘ndrangheta, a Oppido le fiamme distruggono oltre 800 ulivi

La cooperativa Valle del Marro subisce un altro duro colpo dopo il rogo che a Gioia Tauro ha cancellato oltre 5 ettari di grano pronto per la mietitura. Libera: «Strategia intimidatoria sistematica, ma noi ci siamo»
Redazione Cronaca
14 luglio 2025
Ore 14:33
Nuovo incendio in un terreno confiscato alla ‘ndrangheta, a Oppido le fiamme distruggono oltre 800 ulivi
La sentenza

Dopo 10 anni la Cassazione chiude la vicenda Fincalabra: Mannarino assolto “perché il fatto non sussiste”

La decisione giunge dopo che il Tribunale di Catanzaro lo aveva già assolto in primo grado. L’ex presidente: «Ringrazio chi ha creduto sempre nella mia innocenza e nella bontà della mia azione»
Redazione Cronaca
14 luglio 2025
Ore 13:41
Dopo 10 anni la Cassazione chiude la vicenda Fincalabra: Mannarino assolto “perché il fatto non sussiste”\n
L’inchiesta

Arresti a Reggio, Lombardo: «Calabria e ‘Ndrangheta centrali nelle rotte del traffico di droga. Preoccupante la presenza di Fentanyl»

Il procuratore in conferenza stampa ha illustrato i dettagli dell’operazione Arangea Bis-Oikos frutto della convergenza di due filoni di indagini che ha portato a oltre 50 arresti
Anna Foti
14 luglio 2025
Ore 13:14
Arresti a Reggio, Lombardo: «Calabria e ‘Ndrangheta centrali nelle rotte del traffico di droga. Preoccupante la presenza di Fentanyl»\n
Inchiesta Arangea bis

Maxi operazione a Reggio Calabria, sequestrati 117 chili di cocaina e quasi mezzo milione di euro in contanti

Due i gruppi criminali smantellati dal blitz di questa mattina coordinato dalla Dda: 54 persone arrestate e 28 denunciate che però operavano in un’unica rete dedita al narcotraffico e allo spaccio
Redazione Cronaca
14 luglio 2025
Ore 10:20
Maxi operazione a Reggio Calabria, sequestrati 117 chili di cocaina e quasi mezzo milione di euro in contanti\n
L’intervista

Economia e lotta ai clan, il procuratore Guarascio: «Nel Crotonese decine di imprese infiltrate dalla ‘ndrangheta»

Nella lunga chiacchierata con LaC News24, il magistrato racconta l’isolamento del territorio: «Perché se ne parlasse, i Grande Aracri hanno dovuto conquistare Bologna». Ma i problemi sono anche altri: «Quando faccio i turni mi rendo conto che non ho pm»
Alessia Truzzolillo
14 luglio 2025
Ore 07:36
Economia e lotta ai clan, il procuratore Guarascio: «Nel Crotonese decine di imprese infiltrate dalla ‘ndrangheta»\n
L’operazione

Duro colpo al gioco illegale: a Reggio Calabria e Vibo Valentia denunce e sanzioni per oltre 3,8 milioni di euro

I controlli dei finanzieri hanno coinvolto 51 esercizi commerciali dislocati nelle province reggina e vibonese, nel corso dei quali sono stati complessivamente sottoposti a sequestro 76 apparecchi di gioco e denunciate quattro persone 
Redazione Cronaca
14 luglio 2025
Ore 07:04
Duro colpo al gioco illegale: a Reggio Calabria e Vibo Valentia denunce e sanzioni per oltre 3,8 milioni di euro\n
Operazione Arangea bis

Maxi blitz contro droga, estorsioni e riciclaggio a Reggio Calabria: 54 misure cautelari

Dall'alba di questa mattina 250 investigatori tra carabinieri, poliziotti e finanzieri stanno operando su coordinamento della Direzione distrettuale antimafia
Redazione Cronaca
14 luglio 2025
Ore 05:21
Maxi blitz\u00A0contro droga, estorsioni\u00A0e riciclaggio a Reggio Calabria: 54 misure cautelari\n
addio all’intellettuale

A Roghudi l’omaggio commosso a Salvino Nucera, voce della grecità calabrese e testimone instancabile della memoria

Cerimonia solenne con istituzioni e associazioni ellenofone. Il Comune riceverà l’intero fondo culturale del professore
Silvio Cacciatore
13 luglio 2025
Ore 15:44
A Roghudi l’omaggio commosso a Salvino Nucera, voce della grecità calabrese e testimone instancabile della memoria\n
Il rogo

Grosso incendio in un capannone di rifiuti a Lamezia: il cielo invaso da un denso fumo nero

In fiamme una struttura di Ecologia Oggi. Al lavoro da ore due squadre di vigili del fuoco. Si indaga sulle cause. L’Arpacal avvia i campionamenti dell’aria: «Potenziale impatto inquinante»
Alessia Truzzolillo
13 luglio 2025
Ore 15:21
Grosso incendio in\u00A0un capannone di rifiuti a Lamezia: il cielo invaso da un denso fumo nero\n
La lettera

La sorella di un arrestato per narcotraffico nella Locride: «ll dolore per Federico come un gas nervino, condanniamo le mafie»

L’avvocata calabrese Patrizia Starnone insegna a Livorno ed è responsabile di progetti sulla legalità. In una lettera al Fatto Quotidiano ricorda il primo arresto di suo fratello 25 anni fa, l’aiuto offerto e l’incubo in cui è ripiombata la sua famiglia: «Strazio per le mie nipoti, ora aspettiamo il processo ma non si faccia in piazza»
Redazione Cronaca
13 luglio 2025
Ore 12:58
La sorella di un arrestato per narcotraffico nella Locride: «ll dolore per Federico come un gas nervino, condanniamo le mafie»\n
‘Ndrangheta

Omicidi ed estorsioni nei quartieri nord di Reggio, pesanti condanne alle cosche di Gallico - NOMI

Vent’anni ciascuno ai presunti capi dell’organizzazione ‘ndraghetista e numerose altre pene inflitte agli indagati che hanno scelto il rito abbreviato. Ecco la sentenza
13 luglio 2025
Ore 10:31
Omicidi ed estorsioni nei quartieri nord di Reggio, pesanti condanne alle cosche di Gallico - NOMI
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