Pace senza amore

Pd Reggio, tanto rumore per (quasi) nulla: Falcomatà vince dopo tre mesi di inutili tensioni

Il braccio di ferro con il suo partito si è concluso a favore del sindaco. I dem si accontentano di un “patto di fine consiliatura”. Ma a restare con l’amaro in bocca è soprattutto il centrodestra che si era illuso di capovolgere il tavolo

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di Claudio Labate
16 gennaio 2024
16:30

Adesso il nuovo inizio invocato da Giuseppe Falcomatà al momento del suo ritorno in sella a Palazzo San Giorgio dopo la sospensione di 2 anni e mezzo, può partire. Dopo un tira e molla, a tratti anche grottesco, il sindaco e il Partito democratico hanno accorciato le distanze ed Interloquito nelle ultime ore arrivando ad un accordo, col sindaco che si è impegnato a farsi carico delle esigenze della coalizione come richiesto dal Pd, e con il partito che andrà ad occupare le tre caselle restanti come voleva il primo cittadino.

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Blindato ormai da tempo Mimmetto Battaglia - che passerà all’assessorato alla “Città trasparente” e si occuperà di Bilancio, tributi e partecipate -, sono i nomi di due donne a completare l’esecutivo. La prima è una conferma con Lucia Nucera, che dall’istruzione passerà alle Politiche sociali con la delega alla “Città inclusiva e solidale”, e la seconda è Anna Briante, giornalista da sempre impegnata in città, che avrà le deleghe all’Istruzione Università e Pari opportunità, nell’ambito dell’assessorato alla “Città consapevole”.


Consapevole, però, dovrà essere anche l’amministrazione tutta che ora ha tutti gli occhi della città puntati addosso. Dopo questi quasi tre mesi passati a raccontare un passo in avanti e due indietro nella trattativa, ogni azione sarà un banco di prova e sub iudice, perché la verità sta nel mezzo: abbiamo vissuto «in una bolla di sapone» per anni, per dirla con Falcomatà, ma non tutto è da cancellare o da buttare, per come pensa il Partito democratico.

Falcomatà “over the top”

Dal punto di vista del metodo, l’accordo ritrovato tra il sindaco e il suo partito, dimostra come a vincere il braccio di ferro sia sostanzialmente stato il primo cittadino che, non senza dietrofront durante la trattativa, aveva chiesto al Pd tre nomi, di cui due conferme, e almeno uno nuovo. Ed alla fine così è stato.

Il Partito democratico ha provato a fissare dei paletti, al termine di una trattativa in cui ha ottenuto non molto rispetto alle richieste iniziali, se si pensa che al punto di oggi si era arrivati già durante le festività natalizie.

Da parte loro, infatti, i Dem hanno messo nero su bianco un documento ufficiale per cristallizzare la nuova convergenza tra il partito e il sindaco e, in qualche modo, per vigilare sull’applicazione dello stesso. Quasi fosse un monito per il primo cittadino a cui va recapitata anche la dicitura in fondo al comunicato ufficiale in cui il Partito Democratico chiede di dare «continuità» al lavoro sin qui svolto con «passione e competenza» dagli amministratori locali che hanno servito la città negli ultimi 9 anni.

Un modo anche per non sentirsi, e non far sentire, mortificati gli assessori che sono stati esclusi dalla nuova giunta.

In tal senso è stato stilato un decalogo che fa parte di quel “patto di fine consiliatura” di cui il Pd ha parlato nei giorni scorsi e che va dal completamento di una serie di opere pubbliche, all’attuazione del Piano di zona sociale, dal rilancio delle attività culturali, al completamento del percorso di regolamentazione e di valorizzazione delle attività commerciali ed imprenditoriali, passando dal rilancio della rete delle “Alleanze educative”, e maggiori investimenti per il decoro urbano, senza dimenticare la stretta necessaria sulle politiche ambientali, il rilancio vero dell’aeroporto dello Stretto, e soprattutto l’applicazione del Piano strutturale comunale approvato nell’ultima seduta di Consiglio comunale.

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Briciole per la coalizione

Al resto della coalizione resteranno, letteralmente, le briciole. Quelle che già il sindaco aveva ipotizzato. Anche perché il ragionamento sulla rappresentanza in Consiglio comunale non fa, e non può fare, una piega. Se d’altra parte Italia Viva non ufficializza la rottura con Paolo Brunetti, quest’ultimo va considerato proprio in quota renziani. E i socialisti, che contavano l’assessore Irene Calabrò in giunta, oggi non possono rivendicare alcunché vista l’assenza di consiglieri nell’aula Battaglia.

Resta quindi da “accontentare” la pattuglia dei Democratici e progressisti che, come si ricorderà, avevano rinunciato ad entrare nell’esecutivo, per preservare la tenuta interna del gruppo consiliare. Sicuramente almeno a due consiglieri su quattro (Marcantonino Malara e Giuseppe Nocera gli indiziati) andranno delle deleghe, visto anche che sono tante quelle trattenute da Falcomatà.

L’effetto contrario del centrodestra

Ma la ritrovata pace nei rapporti tra la maggioranza e il sindaco, mette fine anche alle velleità del centrodestra che ha provato a cavalcare il malcontento del centrosinistra protocollando una mozione di sfiducia che alle 13 firme apposte in calce, aveva bisogno di altri quattro volenterosi malpancisti per archiviare l’esperienza di governo della città di Falcomatà.

Anzi, paradossalmente proprio la mozione di sfiducia ha avuto l’effetto di ricompattare il centrosinistra, per «impedire che le forze del centrodestra, responsabili del crack economico e sociale del Comune – era scritto nell’ultimo comunicato - tornino ad amministrare».

Il centrodestra l’ha fatto in un momento di forza, in cui ha mostrato agli avversari e ai reggini i muscoli, celebrando congressi unitari e partecipati. Qualcuno ha detto che sono finti congressi, ma è pur vero che sulla, da sempre ostentata, «capacità di sintesi» il centrodestra ha fondato molte sue vittorie.

Ora all’opposizione non resta che capitalizzare questa ritrovata unità delle forze presenti sugli scranni di Palazzo San Giorgio – il più ribelle sembra rimanere Massimo Ripepi -, per rilanciarsi e proporre un’alternativa concreta al governo di Falcomatà che, il suo mandato, lo concluderà.

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